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Microcritiche / Amore e potere tra tre donne

2 Febbraio 2019
di Ghisi Grütter

LA FAVORITA – Film di Yorgos Lanthimos. Con Rachel Weisz, Olivia Colman, Emma Stone, Nicholas Hoult, Joe Alwyn, James Smith, Mark Gatiss, Grecia 2018. Sceneggiatura di Deborah Davis e Tony McNamara. Fotografia di Robbie Ryan, scenografia di Fiona Crombie e Alice Felton, costumi di Sandy Powell, montaggio di Yorgos Mavropsaridis-

Amo molto questo regista greco che crea sempre delle atmosfere al limite del paradosso, sia nel distopico “The Lobster” del 2015, sia nella Cincinnati della recente commedia dark “Il sacrificio del cervo sacro”. In “La Favorita” Yorgos Lanthimos presenta le persone quasi in una sequenza di caricature (in particolare i nobili incipriati e imparruccati). Si ispira a figure realmente esistite ma mette in scena le dicerie che erano in auge presso la corte, mai verificate del tutto dagli storici. Tre sono le donne protagoniste, tutte e tre dotate di personalità completamente diverse tra loro.
Siamo in Inghilterra all’inizio del ‘700 e regnava Anna d’Inghilterra (una splendida Olivia Colman), l’ultima Stuart, che era andata in sposa nel 1683 al principe Giorgio di Danimarca (che nel film non si vede perché muore nel 1708) di dodici anni più grande di lei; il matrimonio era stato negoziato in segreto da suo padre con il beneplacito di re Luigi XIV di Francia, che sperava in un’alleanza anglo-danese contro l’Olanda. Tale alleanza non si sarebbe mai verificata. Anna era sempre stata una ragazza fragile, molto miope sin da bambina, malata di gotta e di sindrome di Hughes-Stovin che non le ha permesso di portare avanti le sue gravidanze. Infatti delle 18 gravidanze reali – tra aborti e morti precoci – solo 5 figli della regina sono sopravvissuti, e non erano i conigli che tiene nella sua stanza da letto, come mostra Lanthimos. Anna non era particolarmente istruita perché, essendo la terzogenita, non si pensava fosse da inserire nell’asse ereditario, conosceva poco la storia e faceva errori nella scrittura. Di Anna si è sempre vociferato che fosse omosessuale; dopo un’ambigua amicizia a tre con la sorella Mary e Frances Aspley dell’età della sorella, la Regina ha un rapporto molto particolare con Lady Sarah Churchill, nata Jennings (antenata di Winston e Lady D. e interpretata magnificamente da Rachel Weisz), sua amica e compagna di scuola, che diventa la favorita della Regina e va a vivere a Palazzo. Tra loro si chiamano affettuosamente con degli pseudonimi inventati da ragazzine: Anne è “Mrs. Morley”, Sarah è “Mrs. Freeman”. Sarah si occupa di lei in tutto e per tutto, si prende “cura” delle sue malattie, del suo carattere volubile, e soprattutto le sbroglia le “incombenze politiche” di Regina, in un periodo bellico come quello. Ci sono due gruppi in conflitto nel Parlamento (come ancora oggi, del resto): i Tories, anglicani e legati alla Chiesa di Inghilterra, erano contrari alla guerra che affamava gli Inglesi, e i Whigs, i puritani cui appartenevano i Churchill, duchi di Marlborough, a favore dell’intervento in guerra.
L’Inghilterra, infatti, ha partecipato alla Guerra di Successione Spagnola – che durò dal 1702 al 1713 -, dove John Churchill (Mark Gatiss), il marito di Sarah, comandante delle forze inglesi, ha riportato numerose vittorie sui Francesi. Ma a Corte, nonostante le difficoltà economiche dovute al proseguire della guerra, le corse delle anatre, il consumo di ananas, e i balli, vanno per la maggiore.
Ma mentre Sarah, sicura del suo potere sulla Regina, è diventata molto altezzosa e prepotente, Anne, bisognosa d’affetto, è diventata sempre più capricciosa e richiedente attenzioni. In mezzo a questo rapporto un po’ in crisi, si insinua Abigail Masham (bravissima Emma Stone), una cugina della Jennings caduta in disgrazia, arrivata a Corte per chiedere lavoro a Sarah, ma palesemente in cerca di riacquistare una posizione dignitosa e facoltosa. Diventa cameriera personale della cugina tramite trucchi e inganni, poi, poco a poco, si sostituisce a lei nelle “cure” della Regina e persino nel suo letto.
Abigail riuscirà a farsi sposare da un Tory e ad avere un sussidio mensile dalla Sovrana, in tal modo, si è riabilitata, rientrando nella categoria di Dama da semplice cameriera. Alla fine nel 1710, contemporaneamente all’uscita dell’Inghilterra dal conflitto, John Churchill è estromesso dal servizio alla regina, Sarah perde di colpo tutti i suoi titoli, ed entrambi vengono allontanati da corte. È il trionfo dell’intrigante cugina.
Il regista crea delle fantastiche atmosfere un po’ alla “Barry Lindon”, con le luci delle candele, gli arredi del palazzo scelti con cura e i costumi con inusuali bianchi e neri. L’uso del grandangolo (specie per gli ambienti di servizio) è una specie di “marchio di fabbrica”, oltre agli omaggi pittorici, i riferimenti a Greenaway e al già citato Kubrick. Infatti, come hanno notato alcuni critici cinematografici, anche qui, come in “Barry Lindon”, arriva un brano di Schubert a creare uno straniamento poiché il musicista austriaco è vissuto un secolo dopo.
Le riprese si sono tenute presso Hatfield House, nell’Hertfordshire, dimora infantile di Elisabetta I d’Inghilterra, un esempio di “architettura giacobiana” costruita nel 1611. Attualmente l’edificio è la residenza di Robert Gascoyne-Cecil, VII marchese di Salisbury, già usato dal cinema in vari film tra cui l’“Orlando” del 1992 di Sally Potter, il “Batman” del 1989 di Tim Burton, e in “The New World” del 2005 di Terrence Malick.
Yorgos Lanthimos, che stavolta non è lo sceneggiatore del film (la sceneggiatura è firmata da Deborah Davis e Tony McNamara), mette a nudo le rivalità al femminile, gli intrighi, gli amori, e in un mondo dove sembra che le passioni siano di uomini con gli uomini e di donne con le donne, assolutamente indipendenti dai matrimoni. Il regista rende espliciti gli umori come: l’alcool, il vomito e il sangue come lui ama fare. C’è una rivisitazione parossistica dei vari elementi di corte, basti citare la scena che mostra i volteggi aerei della coppia nella danza.
Così afferma il regista: «C’è il tema del potere, della sopravvivenza ma quello che mi è veramente piaciuto di questa storia è il fatto che si poteva parlare di questi temi concentrandosi su pochi essere umani. Tenendo l’attenzione fissa su queste tre donne siamo riusciti indirettamente a dire molto sul nostro tempo e su come sentimenti, sensazioni personali abbiano una ripercussione su migliaia di altre persone. Trovo che sia piuttosto sconcertante rendersi conto delle somiglianze che ci sono. Parliamo di una storia che è accaduta molti anni fa eppure sebbene non ci siano più gli arazzi alle pareti, beh in alcuni posti esistono ancora…, molto di quello che accadeva allora, accade ancora. Le persone in posizione di potere, oggi come allora, rispondono alle loro regole, diverse rispetto al resto del mondo, in questo c’è la dimensione contemporanea del film».
Federico Gironi scrive in “comingsoon.it”: «…con lo sguardo caustico e affilato di un regista che disseziona ed espone senza falsi pudori, e che questa volta muove la sua macchina da presa in maniera quasi barocca, a far da contraltare a certi toni grotteschi, allo stile decadente del XVIII secolo».
Il film “La favorita” è candidato a dieci premi Oscar 2019: uno al film, tre alle tre attrici, uno alla regia, uno alla migliore sceneggiatura originale, uno alla fotografia (Robbie Ryan), uno al costume (Sandy Powell), uno al montaggio (Yorgos Mavropsaridis) e infine uno alla scenografia (Fiona Crombie e Alice Felton).

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